Indossiamo tutti uno ‘straccio di pace’ per rendere visibile il nostro ripudio della guerra

TRINITAPOLI - Gli ultimi eventi nazionali e internazionali stanno stanando dalle case molti cittadini, stanchi di farsi manipolare da un’informazione unidirezionale sulla presunta ineluttabilità dei conflitti bellici. Incomincia a crearsi, anche nei nostri paesi, un movimento contro l’invio di armi in Ucraina e in Israele, perché si è capito bene che non serve a riportare la pace, ma solo ad aumentare la violenza e il numero delle vittime civili. Non esistono guerre giuste. La guerra appare inevitabile solo a chi non ha fatto nulla per evitarla con negoziati e con la diplomazia.

Grandi perplessità, inoltre, suscitano le spese militari che dicono siano necessarie a mantenere la sicurezza. Negli ultimi 20 anni, però, pur essendo state raddoppiate, nessuno percepisce di vivere in un mondo più sicuro. I cittadini del mondo sanno benissimo che la guerra è “il problema” e non “la soluzione”, ma spesso non hanno voce per comunicarlo ai “grandi” della terra.

Per questo motivo Emergency, già dal 2001, ha cercato di dare voce anche a coloro che non protestano nelle piazze proponendo uno “straccio di pace”, cioè un semplice pezzo di stoffa bianca legato al polso, al collo, appeso allo zaino, al balcone, all’antenna della macchina, al passeggino del bambino, alla cartella di scuola. In breve: un modo semplice e immediato per esprimere il ripudio della guerra, del terrorismo e della violenza.

L’idea di rendere visibile con una striscia di stoffa bianca il nostro dissenso sarà lanciata nelle riunioni intercomunali del gruppo “Donne contro la guerra”, sostenuto dal partito di Sinistra Italiana, che ha avuto il suo esordio l’8 ottobre scorso al Caffè Salpi di Trinitapoli, con la partecipazione della dottoressa Elena Gentile, ex eurodeputata e assessora regionale, e dell’ingegnera Maria Campese, ex assessora regionale e membro della segreteria nazionale di S.I.

politica bar campese

Il coordinatore cittadino di Sinistra Italiana, Franco Carulli, ha dichiarato in un suo comunicato stampa che, dopo l’incontro dell’8 ottobre, continueranno con altre iniziative a impegnarsi contro la guerra e gli armamenti “per cercare di rimuovere il torpore e l’indifferenza che si nota nella società civile a Trinitapoli, fatta eccezione per qualche giornata di preghiera o incontro sull’argomento tenutosi nelle chiese”.

Di fronte alla morte, alle bombe, ai missili, ai corpi martoriati dei bambini o delle vittime innocenti, di fronte alla guerra come cosa ormai normale nelle relazioni fra gli Stati e che entra nella nostra quotidianità come una chiacchiera, che a sua volta recupera le chiacchiere dei cosiddetti analisti che si presentano nei TG, di fronte al fatto che non esiste più il diritto internazionale, occorre far risuonare le parole di una politica partecipata e avere la capacità di spingere a muoversi, a mobilitarsi per la pace.

Nei prossimi mesi sono previsti incontri con studiosi, sia laici che religiosi, che stanno dedicando la loro vita alla costruzione di una cultura di pace. Wisława Szymborska, la poetessa polacca premio Nobel nel 1996, dopo aver vissuto la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, scrisse “La fine e l’inizio”, una lirica di cui si riporta un estratto, che dovrebbe essere memorizzata da chiunque voglia uscire dalla prigione della sua indifferenza e incominciare a riflettere sulle conseguenze nefaste dell’inerzia dei popoli.

ANTONIETTA D’INTRONO

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Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.

C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.

C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.

C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.

Non è fotogenico
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra (…).