Per ben dieci volte Giuseppe Beltotto ha lasciato l’Africa con un «au revoir»

TRINITAPOLI - “Le foto di un viaggiatore con il mal d’Africa” è il titolo del libro fotografico pubblicato da Giuseppe Beltotto, un nomade del terzo millennio che, durante le pause tra un viaggio e l’altro, conduce in giro per l’Italia il volume con le immagini dei suoi 10 viaggi in Africa, compiuti tra il 1997 e il 2017.

L’11 e il 12 dicembre scorso, gli anziani dell’Università della Terza Età e gli studenti del Liceo Scientifico “Banzi Bazoli” di Lecce hanno avuto l’opportunità di apprezzare un ultraottantenne che ha fatto visitare Tanzania, Botswana, Mali, Madagascar, Etiopia, Uganda, Namibia, Sudafrica, Sudan e Marocco con le sue vivaci descrizioni ma anche con una miriade di aneddoti che hanno incuriosito e incantato gli spettatori, vecchi e giovani. Nella consueta batteria di domande che segue ogni sua presentazione, c’è stato chi gli ha chiesto: “Come mai i bambini africani, così poveri ed emaciati, sorridono e sprizzano tanta felicità?”. “Perché la felicità - ha detto Giuseppe Beltotto - è anche camminare a piedi scalzi tra tanta bellezza, ringraziando il Signore di averla creata”.

Giuseppe Beltotto ha sempre lasciato l’Africa, ogni volta che terminava i suoi viaggi, con un “au revoir” silenzioso e gli occhi lucidi di malinconia. Una lacrima gli ha rigato il viso in Marocco, al suo decimo commiato da una nazione che lo ha stregato.

Seduto nella stazione di Marrakech, ha raccontato di aver rivisto tutte le foto che aveva scattato durante le sue escursioni nel paese con le case color terra rossa e di aver giurato a se stesso di non tenersi egoisticamente per sé tutte quelle emozioni e commozioni provate al cospetto della dolcissima mamma berbera con il figlioletto in spalla, del silenzio del vecchio cimitero berbero nel deserto del Sahara, dei colori dei suq e dell’animazione di Jamaa el Fna, la piazza più frequentata e pittoresca di Marrakech, patrimonio dell’UNESCO.

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Il nostro viaggiatore, con macchina fotografica perennemente al collo, ha scoperto quanto sia vera la citazione della scrittrice Isabel Allende che considera una bella foto “più potente di pagine e pagine scritte”. Lo ha verificato, in particolare, “rubando” le immagini di Chefchaouen, una delle città più belle del Marocco settentrionale, situata ai piedi delle aspre montagne del Rif.

Giuseppe si è trovato immerso in una cascata di case dalle pareti blu armonicamente inserite in un meraviglioso paesaggio naturale, un paradiso per gli artisti e per tutti coloro che lo sono in pectore. Ogni angolo diventa lo scorcio ideale per uno scatto mozzafiato o lo sfondo perfetto per imbastire una storia o dipingere d’azzurro intenso una viuzza.

Tutto quanto ha conosciuto e fotografato nelle dieci nazioni visitate del continente nero è diventato la trama di un libro che è soprattutto la narrazione di un grande amore. È per questo che la nostalgia lo assale non appena rimette piede in Italia.

Le sue foto sono un invito ad immaginare avventure fantastiche e a fare immediatamente, senza dire altre parole, il biglietto per partire. Punto.

ANTONIETTA D’INTRONO (Foto: Giuseppe Beltotto)

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