MARGHERITA DI SAVOIA - In diverse lettere precedentemente pubblicate attraverso Questo giornale, seppure ad oggi vanamente, è stata espressamente richiamata l’attenzione di chi (dis)amministra le sorti del Nostro Paese sul fatto che bisogna agire con razionalità e senso di responsabilità sociale, per immediatamente affrontare ed eliminare dal territorio vecchi e penalizzanti problemi, nonostante la sua naturale ricchezza, capace di far fronte alle difficoltà economiche e garantire un sereno livello di vita.
Invece, continuiamo a trovarCi difronte a ormai insostenibili difficoltà, a cui le giovani leve, in numero ormai ridottissimo, rispondono sempre più con il ricorso alla migrazione, lasciando così il Nostro Paese con la speranza di trovare altrove migliori condizioni di vita.
In questi ultimi giorni, si è assistiti alla adozione di iniziative che, seppur nobili nella loro fisiologia, oggettivamente analizzate, tuttavia, si pongono in netta contraddizione o contrapposizione con le esigenze sentite dalla popolazione, ormai stanca di assistere all’abbandono del Paese e desiderosa di vedere definitivamente adottare reali e definitive iniziative economiche, attraverso il responsabile e razionale sfruttamento delle naturali e ricche fonti di cui può pregiarsi Margherita di Savoia: la beneficenza.
Infatti, Enti aventi scopo morale ed Enti religiosi, attraverso la organizzazione di “manifestazioni spettacolari”, con lodevole spirito di abnegazione, hanno sollecitato ed effettuata una raccolta fondi da destinare certamente ai “Bisognosi” o, come Qualcunaltro anche li definisce, “meno fortunati”, purtroppo, in gran numero presenti sul Nostro territorio.
L’argomento è delicatissimo e viene espresso, perché lo merita, con tutto il rispetto dei valori umani e anche profondo ossequio allo Spirito religioso.
In ogni società è purtroppo presente il fenomeno del “disagio” legato alla povertà economica o da essa determinata per mancanza di fonti, costituente la causa maggiore della mancanza di lavoro di lavoro, che altera il comportamento della popolazione che, se non emigra, in gran parte, è “costretta” a far ricorso alla “assistenza”.
A Margherita di Savoia, non possiamo credere che i fenomeni della povertà lavorativa e finanziaria, quest’ultima costituente la logica conseguenza della prima, possano essere legati alla mancanza di fonti economiche.
Dobbiamo, anzi, trovare la definitiva capacità di individuare la causa di queste difficoltà nelle continue forme di malgoverno che, senza soluzione di continuità, da diversi lustri tengono gli amministratori la Città, paradossalmente assecondate, ma negli ultimi tempi, per ragioni non condivisibili, anche sostenute da Quegli stessi Enti morali e religiosi che tanto si prodigano nel tentativo di sostenere i “più deboli”, utilizzando quindi il mezzo sbagliato: per ridurre la povertà e tenere il suo trend in rapporto proporzionale inverso rispetto al benessere, è necessario creare economia.
La raccolta fondi da destinare ai “più deboli” non può e non deve costituire l’elemento sostitutivo del diritto al lavoro e alla tutela dei diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti della Persona.
Essa può, solo eventualmente, costituire il rapporto residuale in una Società organizzata e strutturata, così capace di garantire la libera e autonoma esistenza della Persona che vive il territorio.
Pare, quindi, che a Margherita di Savoia, invece, colpa il radicato malgoverno della Città, il principio della organizzazione economica è stato letteralmente soppiantato in favore di quello della “beneficenza”.
Gli esempi non mancano e sono stati tutti vissuti anche durante la stagione estiva appena trascorsa, momento in cui si è visto proliferare ogni tipo di abuso dal disvalore economico e civico, atti di cui si è ampiamente parlato attraverso i media, la cui persistenza continua pertanto a danneggiare la intera Collettività.
Margherita di Savoia, trascurando la fondamentale importanza dello sviluppo economico, attraverso la qualificazione del territorio, principio fondamentale tramandato dagli antichi romani, certamente, costituisce unico esempio di Paese marittimo capace di annullare una delle fondamentali risorse naturali ed economiche: il mare e la spiaggia, manifestando, così, la mancanza di una seria politica diretta alla qualificazione e alla valorizzazione del lungomare e di progettualità, in genere, garanti del benessere economico.
Quella spiaggia e quel mare, costituiscono fonti di bellezza di un’area naturale dalle infinite risorse, oltre che luogo incantevole che offre un habitat unico, che attraversa interamente da nord a sud il Paese, e che ricerche scientifiche associano a una vera ecoterapia che migliora la condizione della persona, oggi non è possibile viverli per non essere raggiungibili o, per lunghi tratti, per non essere neanche visibili. Come sempre, tutto, ormai, è stato “chiuso”.
Le sollecitate Autorità amministrative locali e territoriali e i Rappresentanti dello Stato sul territorio, seppure doverosamente sollecitati, continuano a far registrare la Loro preoccupante assenza.
Perdurante sul Nostro territorio la oppressiva situazione della chiusura della spiaggia e l’accesso al mare, e la mancanza di progettualità di una visione futura del Paese, si preclude anche la presenza di quella non trascurabile massa turistica invernale, desiderosa di vivere la natura marina e la mancanza della massa turistica sul Nostro territorio impedisce lo sviluppo commerciale oltre che di quello stesso degli operatori alberghieri e, quindi, frena il suo sviluppo economico, segnando pertanto negativamente la qualità della vita dei residenti e il destino delle giovani generazioni.
Tutto questo, risulta essere anche in forte contrasto con la larga e uniforme convinzione mondiale di essere e sentirsi connessi alla natura e, quindi, al territorio, in senso emotivo e fisico, ma soprattutto in contrasto con lo stato di difficoltà sociale in cui è immerso il Paese, spingente inopportunamente alla beneficenza, anziché allo sviluppo attraverso la qualificazione e la valorizzazione del territorio.
Nello sperato tentativo di migliorare le condizioni della propria vita, nel Nostro Paese, invece: si perde; si dissolve agli occhi del Nostro egoismo e della Nostra indifferenza, che non significa tenere un atteggiamento di neutralità ma significa, invece, sostenere o incoraggiare le dinamiche del sottosviluppo, cosa che paradossalmente sfugge alla politica ecclesiale.
Infatti, la economia si indebolisce sempre più e, mentre il futuro dei più dignitosi appare sempre più indissolubilmente legato al triste fenomeno dell’abbandono del Paese, quello dei meno intraprendenti, invece, appare essere condannato alla perenne incertezza e precarietà, combattuti con le sì lodevoli iniziative “caritatevoli” ma poco opportune nell’ambito del generale Suo sviluppo.
Uscire dalla minorità costituisce la grande sfida al futuro e alla modernità della Nostra economia, con le persone che diventano cittadini e non sudditi.
La popolazione, destinataria delle oppressioni, ha bisogno della guida di amministratori autorevoli, capaci e competenti che hanno il coraggio di spiegare le scelte intelligenti e che gli Enti morali e religiosi operanti o insistenti sul territorio hanno il dovere pubblico e sociale di sollecitare.
Nella società, tutto continua a cambiare e il cambiamento dipende dalle Nostre scelte e dalla Nostra capacità di intendere la vita, che non può e non deve essere fondata sull’assistenzialismo ma sulla autonomia e sulla libertà delle Persone.
L’impegno, attraverso la eliminazione delle oppressioni, deve essere rivolto alla ricostruzione del Nostro Paese e il rafforzamento del Suo tessuto sociale, perché si possa costituirsi e rilanciare la fiducia nel futuro.
Questi costituiscono elementi indispensabili perché Ogni cittadino possa vivere autonomamente e liberamente la propria esistenza e godere della dignità, senza aspettarsi, magari clandestinamente, di ricevere da terzi “cesti di pesci e vini pregiati”.
Avv. COSIMO DAMIANO CRISTIANO