STORIE DI AMORE E DI AMICIZIA - La bella storia di Elkabir, del cane Ugo e di Gerardo, purtroppo senza un lieto fine

TRINITAPOLI - Ci sono storie che devono essere assolutamente raccontate perché diventano dei punti di riferimento per chi spesso stenta a comprendere la profondità del legame che si crea tra un uomo ed un animale, e tra le persone che rispettano entrambi. Tutto comincia con Elkabir, un marocchino che assisteva a Trinitapoli una anziana facendole da autista e aiutandola nei servizi di casa. Quando la signora Maria è morta, suo figlio ha licenziato il badante di sua madre e così Elkabir si è trovato improvvisamente, a circa 60 anni, senza un tetto e senza lavoro.

Afflitto da una forte depressione, ha cercato rifugio nell’alcol che gli ha fatto peggiorare in poco tempo la sua salute fisica e mentale. Lo ha aiutato uno sfasciacarrozze sulla strada tra Trinitapoli e Margherita di Savoia, che gli ha messo a disposizione un container nel retro della sua attività commerciale dove ha sistemato la sua abitazione. È nel campo circostante che un giorno Elkabir ha conosciuto il suo Ugo, un cane di taglia grande e di colore marrone, che è diventato l’amico fedele dei suoi ultimi anni di vita. Un randagio ed un uomo malato e ridotto in povertà si sono fatti compagnia e consolati, assistiti anche dal giovane Gerardo che lavora nella rimessa di auto usate del padre, sistemata nei dintorni della casa-container del marocchino.

Elkabir vaga nel paese sempre più disorientato finché un giorno viene ricoverato forse al “Don Uva” di Bisceglie, da dove ben presto torna. Di lì a poco, Gerardo lo trova disteso per terra nel piazzale del distributore Q8. Stringe nella mano un pezzettino di carta con il numero di telefono di una dottoressa. Portato d’urgenza all’ospedale, gli diagnosticano un tumore molto esteso che lo conduce alla morte in breve tempo. Nel frattempo, Ugo è restato nel container, dove ha anche fatto entrare altri due cani randagi, uno cieco e un secondo di piccola taglia, che vengono affidati alle cure della signora Ottavia di Margherita di Savoia. Ugo, invece, è irremovibile: si rifiuta di lasciare il territorio dove era vissuto con il suo grande amico Elkabir. Gerardo raccoglie una colletta e provvede a far ritornare in Marocco, dalla sua famiglia, il corpo dello sfortunato Elkabir.

Per Ugo, in attesa perenne del suo amato padrone, comincia la seconda fase della sua vita. Grazie a tanti volontari, l’orfano diventa un cane di comunità. Infatti, Gerardo collocò una cuccia in prossimità della strada che da Trinitapoli va a Margherita di Savoia, fornendogli un riparo per la notte e per il freddo dell’inverno. Nei giorni che seguirono, gli animalisti che avevano avuto notizia del povero cane si alternarono per accudirlo e per portargli del cibo.

sociale tri cane ugo 02

Il signor Claudio cominciò a viziarlo con le scatolette di carne, mentre la signora Marcella, a giorni alterni, lo coccolava con vaschette di carne e pasta che lui, con il muso, portava in un angolo per mangiare in pace. Chiunque andasse a fargli visita trovava sempre la ciotola piena di acqua fresca, che veniva quotidianamente riempita.

Gli autisti diretti al mattino a Margherita di Savoia, o viceversa a Trinitapoli, si fermavano di tanto in tanto per chiamarlo e per salutarlo. La signora Marcella non sapeva che il suo nome fosse Ugo e pertanto lo aveva ribattezzato, per il suo colore, Bruno. Appena sentiva il rombo della sua auto, arrivava di corsa e scodinzolava allegro in attesa delle carezze e del cibo. Se poi si allontanava molto nella campagna per correre dietro qualche preda, un fischio o un richiamo lo riportavano subito sul ciglio della strada, dove si tratteneva un po’ con i suoi ormai tanti amici.

Un brutto giorno, però, Ugo ha attraversato la strada ed è morto, investito da un’auto in corsa. I suoi amici umani lo hanno portato a Barletta per farlo cremare e hanno voluto che si raccontasse la storia di questo cane che ha dato felicità prima ad un povero infelice e poi, dopo la morte del suo padrone Elkabir, ha regalato affetto e riconoscenza a chiunque lo avvicinasse e lo nutrisse. Ricordarlo è l’unico modo per rendergli onore.

ANTONIETTA D’INTRONO