TRINITAPOLI - Era ormai da tempo che la vetrina di Cecchina era chiusa. Avevo preso l’abitudine di passare da lei quando avevo bisogno di rifornirmi di verdura fresca, ma anche per fare quattro chiacchiere con un’anziana signora dalla quale c’era sempre qualcosa da imparare. Nel suo vocabolario, poi, non esistevano le parole “tristezza” e “malinconia”, ma solo tutti i sinonimi di allegria, e si usciva dal suo magazzino sempre carichi di frutta, verdura, vasetti di conserve e tanto buon umore.
Un comune amico oggi mi ha informato che Francesca De Pasquale, 91 anni, per tutti Cecchina, è morta. Ha lasciato per sempre la sua amata campagna che per lei era come la vita, perché, diceva, “dopo la ‘malannata’ tutto ricomincia, piano piano, a rifiorire e a crescere”.
Era figlia di agricoltori che le avevano insegnato a non abbattersi mai e a dare valore principalmente alla famiglia e alla campagna. I suoi punti di forza erano i suoi tre figli e il marito Nicola Catalano, coltivatore diretto, con il quale ha condiviso gioie e dolori per 67 anni. Dopo la sua morte, Cecchina ha continuato a parlare idealmente con lui, pregandolo di aspettare un poco a chiamarla perché doveva ancora dare una mano al loro figlio Stefano. Ora, terminato il suo lavoro, ha riabbracciato finalmente il suo Nicolino dopo gli anni difficili della vedovanza.
Volli conoscerla dopo aver assaggiato la sua “mostarda”, la marmellata di uva, un’autentica specialità che, insieme ad una grande varietà di conserve, preparava soprattutto in prossimità di Natale per coloro che volevano regalare ai loro parenti lontani “il profumo di Trinitapoli” (L’amàur du Casòil).
Le feci un’intervista che fu pubblicata dal Corriere dell’Ofanto con il titolo “Francesca De Pasquale e il suo magico talismano per invecchiare serenamente” e che fu inserita nel 2020 nella raccolta “L’età senza zavorra. Sette ‘ricette’ per alleggerire il peso degli anni”.
La sua ricetta fu una delle più apprezzate dalle donne, che cominciarono a considerare i suoi rimedi efficaci quanto quelli prescritti da uno psicologo.
A chi soleva lamentarsi e piagnucolare per le innumerevoli difficoltà che la vita riserva a tutti, nessuno escluso, Cecchina consigliava di dedicarsi alla manifattura di marmellate, conserve, pomodori secchi e tant’altro come balsamo lenitivo di ogni dolore. Le sue tre parole magiche “boccacci, boccaccini e boccaccetti” sono diventate quasi un’iniezione di ottimismo per chi ha qualche problema.
Da coloro che l’hanno conosciuta spesso capita di sentire alcune sue frasi e riflessioni che disseminava a piene mani, normalmente in dialetto. Ho sempre pensato che, se avesse avuto la possibilità di studiare, Cecchina avrebbe dato di sicuro alle stampe il proprio vademecum di vita.
La sua fonte privilegiata di ispirazione è stata “la terra”, che ha descritto nella sua intervista con le seguenti indimenticabili parole: “È una sorgente da dove sgorgano i fiori, le piante, gli alberi, i profumi, i colori delle stagioni, i sapori dei frutti e, per essere materiali, anche i soldi per campare. La terra non è solo fatica, ma è anche ‘bellezza’, ‘equilibrio’, ‘speranza’. Se fossi dottore, prescriverei il lavoro nei campi come cura per la malinconia, la noia e la paura del futuro. La terra non tradisce mai se la curiamo e la rispettiamo. Quando arriva una grandinata o una gelata, bisogna farsene una ragione. Sia fatta la volontà del Signore!”
Che la terra ti sia lieve, Cecchina.
ANTONIETTA D’INTRONO