Dopo l’indignazione ci vogliono azioni concrete per isolare i delinquenti

TRINITAPOLI - L’incendio che ha reso inagibile il nuovo plesso dello “Staffa-Dell’Aquila”, dopo l’imponente manifestazione pubblica di sdegno degli studenti, ha dato il via a una serie di riflessioni e discussioni su quella che è la domanda centrale che tutti si pongono in questa drammatica deriva malavitosa: che fare? O più precisamente: che fare in modo “operativo e concreto”?

Da più parti giungono risposte che hanno bisogno, però, di trasformarsi in azioni.

L’istituzione di “una consulta comunale permanente per la prevenzione della criminalità”, suggerita dal prof. Alessandro Porcelluzzi (docente di Storia e Filosofia del Liceo Classico) potrebbe velocizzare e coordinare le iniziative che docenti, studenti, genitori ed esponenti di istituzioni laiche e religiose vanno programmando negli ultimi tempi.

Un impegno particolare della scuola e dei servizi sociali, ad esempio, dovrebbe in primis essere rivolto all’abbandono scolastico dei ragazzi nella fascia dell’obbligo, un’attenzione che non si deve limitare soltanto ad analisi teoriche bensì dovrebbe curare il fenomeno attraverso attività ricreative, sportive e culturali mirate, e cioè tutte quelle alternative ad una routine famigliare che non le contempla. Si obietterà: ce ne sono già tante di attività organizzate da parrocchie, scuole e associazioni. Nessun dubbio, ma il problema è che non si riesce mai a pensare ad un vero e proprio piano strategico, coordinato e studiato “insieme”, con il contributo di esperti per raggiungere obiettivi a lungo termine per una fascia di adolescenti spesso abbandonati a se stessi.

Altro suggerimento interessante ma che resta ancora nella fase dell’enunciazione è una proposta già messa in atto in molte città italiane ed europee. Si tratta dell’adozione di un quartiere, di una strada, di una piazza, di un giardino che opifici, supermercati ma anche scuole ed associazioni potrebbero fare occupandosi pertanto della pulizia, della bellezza e della sorveglianza di un pezzetto pubblico del proprio paese.

Ci si lamenta spesso della insufficienza numerica delle Forze dell’Ordine nel nostro territorio. Di certo più carabinieri e più vigili urbani per le strade, di giorno e di notte, farebbero sentire i cittadini più sicuri. Non si riflette, però, che metterebbero in difficoltà ancora di più un delinquente migliaia di “occhi vigili” dei cittadini che si prendono in carico intere parti della loro città.

Di idee da mettere in campo ce ne sarebbero tante se solo si tenesse conto che la soluzione all’illegalità non si può scaricare interamente sulle spalle dei tutori dell’ordine pubblico.

Un mio professore universitario, all’inizio del suo corso di lezioni di storia, raccontava che, durante una sua visita in un piccolo villaggio della Cina, aveva notato che ogni casa aveva affisso sulla porta di entrata un manifesto nero in segno di lutto. Richiesta una spiegazione, il suo accompagnatore gli spiegò che per la prima volta in quel villaggio era stato assassinato un contadino. Tutti gli abitanti si erano sentiti responsabili di questa morte violenta che non erano riusciti collettivamente ad evitare.

Ogni cittadino, nessuno escluso, deve attivarsi con un’azione concreta per isolare tutti i vigliacchi che si ritengono forti nel buio pesto della notte.

ANTONIETTA D’INTRONO (Foto: Giuseppe Beltotto)