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“Disagio militante”: il documento della base del Partito Democratico che sta girando nei circoli della Puglia

TRINITAPOLI - Comincia a serpeggiare tra i cittadini di Trinitapoli il timore che il ritardo delle forze politiche di centrosinistra per creare una lista alternativa alle due preannunciate liste di centrodestra, capeggiate dai due ex sindaci protagonisti dello scioglimento del consiglio comunale, possa produrre due pessimi risultati: 1) non viene presentata alcuna lista; 2) ne viene presentata qualcuna “last minute”, tappabuchi, per evitare di affrontare il toro per le corna.

Quanto successo a Bari dovrebbe far riflettere non solo il PD, ma anche tutti gli altri partiti che in questa fase difficile si ergono a giudici severi di “bad practice” (cattive pratiche) che, in maniera trasversale, si sono manifestate sia nel centrodestra che nel centrosinistra, senza mai destare la meraviglia degli attuali “militanti della purezza immaginaria”, come scrive Franco Arminio in una sua poesia.

Immediata è stata la reazione, invece, dei molti attivisti della base PD che stanno facendo girare un testo dal titolo “Disagio militante”, una sorta di grido di dolore che sembra essere la sintesi delle “sedicenti” trattative del centrosinistra avvenute a Trinitapoli più nel buio degli sgabuzzini dei politicanti che alla luce delle sedi aperte dei partiti, come dichiarato nella sua lettera di dimissioni da Filomena Bruno, componente del direttivo del PD (leggi, ndr). Riportiamo la parte finale del lungo documento che è stato redatto, distribuito alle sezioni e firmato da moltissimi militanti del PD pugliese:

«(...) Senza volerlo tirare in mezzo (Enrico Berlinguer), ogni volta che siamo nel pieno di turbolente crisi politiche, non si può fare a meno, però, di notare come il suo pensiero sia ancora tremendamente attuale e come questo ci faccia tremare i polsi. Oggi, come allora, il problema non risiede solo nell'intercettare e rimuovere il corrotto di turno, ma sta nell'affrontare, attraverso un'azione intransigente ed eticamente coerente, le ragioni che sono alla base della permeabilità della politica a queste degenerazioni.

Il PD che vogliamo è questo. Perché non è un'associazione o un movimento come altri. Perché non nasce intorno a un “potente”, ma ha una storia che poggia su solide, e diverse, basi politico-culturali che trovano fondamento in più di cent'anni di vita, di lotte, di sacrifici, di guerre, di conquiste, di resistenza, di costruzione di un sistema democratico complesso, ma salutare per il nostro Paese.

Certo, lo vediamo in questi giorni, la sempre attuale questione morale, che come detto non si esaurisce nell'aspetto penale, lacera ancora una volta la nostra vita, in particolare il nostro partito. Qualcuno ha scritto che la privatizzazione della politica è il vero nome della nuova questione morale. Con i partiti prigionieri del capo, appunto.

E allora cosa fare?

Formare, e selezionare a tutti i livelli, una nuova classe dirigente che non sia figlia solo del consenso, o dei pacchetti di tessere, ma che sia dotata della credibilità e dell'autonomia necessarie per fare sintesi tra la valorizzazione delle individualità e la funzione di governo dei fenomeni che un partito come il nostro deve ambire ad avere.

Riportare al centro dell'impegno del PD una linea politica coerente e comprensibile, capace di generare una visione chiara di città e di società in cui agisce.

Aver cura della democrazia interna ed esterna al partito, dando dignità e piena funzionalità agli organismi interni, comprese le articolazioni organizzative previste da statuto - conferenza delle donne, circoli tematici, intercircoli -, usate troppo spesso più come vetrine personali che come reali spazi di elaborazione politica. Il tutto garantendo il valore e l'agibilità del pluralismo interno.

Attivare rinnovati spazi e modalità di partecipazione, e discussione, in grado di ri-consolidare la nostra comunità. Questi sono i passi, faticosi ma necessari, che il PD dovrà fare, da subito, se vorrà realmente proporsi come guida per la creazione di un'alternativa alle destre che governano il Paese, e recuperare quella solidità e credibilità che gli consenta di aprirsi alle energie civiche sane e di allontanare le derive affaristiche che in troppi territori hanno occupato il partito in questi anni.

Bene la fermezza e le parole che ha usato la nostra Segretaria in questi giorni difficili, ma adesso serve un cambio di passo nella pratica e nelle azioni quotidiane, servono azioni coerenti con questa linea nelle scelte sui territori e in quelle nazionali.

Noi siamo pronti, come sempre, a dare una mano perché il rinnovamento, il cambiamento, lo vogliamo con forza, senza nasconderci, senza aver paura.

Noi, militanti brava gente, vorremmo che il partito recuperasse e restituisse a noi stessi e ai nostri elettori quel vero senso di appartenenza che, come diceva Gaber, non si risolve nello “sforzo di un civile stare insieme” o nel “consenso a un'apparente aggregazione”, ma che trova la sua dimensione più profonda “nell'avere gli altri dentro di sé”».

Bisogna avere la maturità, a Trinitapoli, di sedersi intorno a un tavolo senza pregiudizi, con persone di orientamento progressista, guardarsi negli occhi e chiedersi: quale candidato sindaco in questa campagna elettorale, per cultura, coraggio ed esperienza politica, metterebbe maggiormente in crisi la demagogia e le falsità che raccontano e racconteranno i responsabili dello scioglimento del consiglio comunale? Tutto qui.

Che non accada che il “nuovo” diventi la riedizione del passato, come scrive il poeta popolare Damiano Monopoli:

(…) Un nuovo paese andò vecchi amici di merend
hann addiv‘ntòit Davide contro Golia
e tutt u’ rest
segue andò main u’ vind e la tempest.

ANTONIETTA D’INTRONO